Il racconto di Cristiana | Youth Exchange Erasmus+ "Second Home" - Stenløse, Danimarca - dal 12 al 20 dicembre 2016

Daniel, uno dei ragazzi dell'organizzazione, ci accolse con un sorrisone e ci accompagnò nella struttura: la Store Klaus, una specie di chalet gigante. Inutile dire che la settimana è volata. Il primo giorno abbiamo svolto dei giochi di gruppo per conoscerci, imparare i nomi e qualcosa della vita di ognuno. Mi aspettavo qualcosa di noioso, invece è stato fantastico, è bastato solo quello per diventare un unica grande famiglia multietnica. Nei giorni successivi abbiamo svolto attività con tema l'immigrazione, che poi non si è parlato solamente di quello ma anche di esperienze personali, di reazioni dovute a culture diverse, religioni diverse. Ascoltare i pareri, le storie, ma soprattutto confrontarsi, confrontare realtà differenti, è stata per me una grande crescita di pensiero, di umanità. In settimana siamo andati a visitare Copenaghen tutti assieme, uno spasso continuo! A turno, per nazione, si è svolta la serata culturale. Abbiamo assistito ad un matrimonio turco, abbiamo ballato canzoni popolari bulgare e ovviamente assaggiato i sapori di quelle terre con i loro cibi tipici, così come noi abbiamo offerto i nostri. La sera eravamo liberi, liberi dalle attività ma trovandoci in piena campagna le possibilità di uscire erano nulle. Tra una risata e una birra trascorrevamo la serata. Anche il non capirci, il fraintenderci parlando lingue diverse era causa del ridere. Quelle risate spensierate che poi ti mancano. Se chiudo gli occhi riesco a sentire ancora il chiasso in quelle quattro mura di legno. Riesco ancora a sentire dietro di me il pianoforte, strimpellato dal Beethoven di turno, sento ancora la voce di chi raccontava della sua vita, delle sue esperienze. Sento ancora le risate, sento ancora "Scopa!" perché avevamo insegnato il gioco agli altri ragazzi, il cantare in italiano con la pronuncia sbagliata, sento ancora il rumore di stoviglie provenire dalla cucina, il "close the door , please" di quando lasciavamo la porta aperta, il vociare in altre lingue e il "bora bora" che dicevamo per farci tradurre quando non capivamo. Siamo stati tutti fratelli, tutti grandi amici. Ora sono qui a casa, a scrivere, con gli occhi, la mente e il cuore pieni, pieni di una delle più belle esperienze della mia vita. E so che non si svuoteranno mai.