Giorno 48.
Immobile come in un quadro di Edward Hopper contemplo la finestra della mia camera.
Fuori piove ed è una giornata strana, la signora Dina non suonerà al mio citofono anche oggi.
Mi vesto, mi trucco, mi guardo allo specchio. Mi svesto, mi strucco, mi guardo allo specchio.
È uno di quei giorni in cui cerchi risposte dall'altro lato della pellicola metallica, nell'immagine speculare di te stesso, quel momento in cui ti guardi e non ti riconosci.
Nel frattempo, dopo essermi resa conto a malincuore che la caffettiera è vuota e facendo un calcolo veloce sulla quantità di caffeina ingerita in meno di ventiquattro ore, decido ugualmente di bere il quinto caffè (perché “fino a 5 massimo si può arrivare” come diceva la mia cara amica Francesca).
Verso il caffè in una tazza e mi dirigo verso l’unico posto in cui si ha la totale privacy in questo momento, la mia stanza.
Apro il cassetto della scrivania e ritrovo dei ritagli di giornale, quelli che ho conservato con ossessione durante il mio periodo di "collagismo compulsivo", in cui sentivo l'esigenza di dare un senso a tutti quegli articoli inutili racchiusi in riviste di gossip e simili.
Li getto alla rinfusa e le prime parole che appaiono sono "dominio, mangime, influenza, potenti". Prima ancora di rimanere immobile difronte alla casualità dei vocaboli mi assicuro di aver indossato gli occhiali da vista.
Ci sono, li sento.
Sbalordita dall'eccezionale combinazione della circostanza, penso che la vita voglia prendersi gioco di me o che semplicemente Novella 2000 non abbia accettato quel buco centrale su uno dei suoi "migliori" articoli settimanali.
Mi risparmio le fisime mentali e inizio a giocare con l'assemblaggio delle parole come se fossero dei pezzi di tetris. Ne viene fuori una domanda al quanto singolare e ben poco banale, che dice: "Il dominio influenza i potenti?”
La risposta è inevitabilmente "mangime".
Come animali, infatti, ci atteniamo alle regole sfruttando la nostra immaginazione come unica via d'uscita da un mondo momentaneamente immobile. Come un rituale armonico ci svegliamo la mattina e guardiamo fuori dalla finestra per evadere dalla realtà e ringraziare per aver un minimo di certezze.
Il privilegio di avere una casa, una famiglia, degli affetti, con l'utopia e la speranza di raggiungere una propria stabilità economica, per ora benessere di pochi ma ambizione di tutti.
Il mondo è fermo e i pensieri sono in costante movimento. Come ripartiremo? È bastato questo tempo per riflettere e rimettere in ordine le nostre priorità? Priorità come uomini liberi, come menti slegate da ogni affabulazione, come donne autonome ed emancipate. Ma soprattutto, avremo ancora la capacità di crearci delle aspirazioni?
Senza una risposta ben precisa ma con la speranza di ritornare presto alla normalità, penso all’emozione che proveremo nell'abbracciare gli amici, di comprare la frutta e poterne sentire l’odore, di bere il Porto da Camera a Sud e di programmare il prossimo viaggio estivo liberi da qualsiasi costrizione.
Immobile come in un quadro di Edward Hopper contemplo la finestra della mia camera.
Fuori piove ed è una giornata strana, la signora Dina non suonerà al mio citofono anche oggi.
Mi vesto, mi trucco, mi guardo allo specchio. Mi svesto, mi strucco, mi guardo allo specchio.
È uno di quei giorni in cui cerchi risposte dall'altro lato della pellicola metallica, nell'immagine speculare di te stesso, quel momento in cui ti guardi e non ti riconosci.
Nel frattempo, dopo essermi resa conto a malincuore che la caffettiera è vuota e facendo un calcolo veloce sulla quantità di caffeina ingerita in meno di ventiquattro ore, decido ugualmente di bere il quinto caffè (perché “fino a 5 massimo si può arrivare” come diceva la mia cara amica Francesca).
Verso il caffè in una tazza e mi dirigo verso l’unico posto in cui si ha la totale privacy in questo momento, la mia stanza.
Apro il cassetto della scrivania e ritrovo dei ritagli di giornale, quelli che ho conservato con ossessione durante il mio periodo di "collagismo compulsivo", in cui sentivo l'esigenza di dare un senso a tutti quegli articoli inutili racchiusi in riviste di gossip e simili.
Li getto alla rinfusa e le prime parole che appaiono sono "dominio, mangime, influenza, potenti". Prima ancora di rimanere immobile difronte alla casualità dei vocaboli mi assicuro di aver indossato gli occhiali da vista.
Ci sono, li sento.
Sbalordita dall'eccezionale combinazione della circostanza, penso che la vita voglia prendersi gioco di me o che semplicemente Novella 2000 non abbia accettato quel buco centrale su uno dei suoi "migliori" articoli settimanali.
Mi risparmio le fisime mentali e inizio a giocare con l'assemblaggio delle parole come se fossero dei pezzi di tetris. Ne viene fuori una domanda al quanto singolare e ben poco banale, che dice: "Il dominio influenza i potenti?”
La risposta è inevitabilmente "mangime".
Come animali, infatti, ci atteniamo alle regole sfruttando la nostra immaginazione come unica via d'uscita da un mondo momentaneamente immobile. Come un rituale armonico ci svegliamo la mattina e guardiamo fuori dalla finestra per evadere dalla realtà e ringraziare per aver un minimo di certezze.
Il privilegio di avere una casa, una famiglia, degli affetti, con l'utopia e la speranza di raggiungere una propria stabilità economica, per ora benessere di pochi ma ambizione di tutti.
Il mondo è fermo e i pensieri sono in costante movimento. Come ripartiremo? È bastato questo tempo per riflettere e rimettere in ordine le nostre priorità? Priorità come uomini liberi, come menti slegate da ogni affabulazione, come donne autonome ed emancipate. Ma soprattutto, avremo ancora la capacità di crearci delle aspirazioni?
Senza una risposta ben precisa ma con la speranza di ritornare presto alla normalità, penso all’emozione che proveremo nell'abbracciare gli amici, di comprare la frutta e poterne sentire l’odore, di bere il Porto da Camera a Sud e di programmare il prossimo viaggio estivo liberi da qualsiasi costrizione.
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