Il racconto di Clorinda | Youth Exchange "Stand Against Terrorism" ad Atene, Grecia - dal 2 al 10 marzo 2017
Bologna, stazione centrale. Esterno giorno. Due ragazze dalla faccia assonnata e i capelli scarmigliati si fanno strada tra la folla delle 8 che corre verso uffici e caffè e finalmente intravedono su una panchina di Piazza delle Medaglie d’Oro due visi familiari ma ancora indefiniti nella luce pallida di un mattino di marzo.
Ancora non sanno delle avventure che le aspettano, dei fili rossi che intrecciandosi collegano quel mattino ai mattini che seguiranno, delle persone che silenziosamente entreranno a far parte delle loro vite per restare, occupando un pezzettino di cuore e lasciando una traccia luminosa nella memoria di quel viaggio. Qualche ora dopo i compagni di viaggio sono diventati sei e le ore che li separano dalla loro meta diminuiscono sempre più: il tempo si dilata e poi si restringe e li lascia curiosi e impazienti di scoprire la città che per dieci giorni sarà la loro casa e che impareranno a conoscere e a capire. Atene è bianca, pallida nella luce di un tramonto che si sparge sulle case e sugli edifici abbandonati, così grande e strana da perdersi e ritrovarsi davanti a un bicchiere di ούζο, a conoscersi e riconoscersi e a immaginare sorrisi, abbracci e momenti dai contorni ancora sfumati.
L’indomani, l’arrivo all’hotel è rumoroso e colorato: tra una sigaretta e un caffè la mattinata scorre veloce e se sono diversi i colori delle mani che si stringono e degli occhi che si studiano, si assomigliano tutti i sorrisi ancora timidi e curiosi. I primi giorni scorrono tranquilli, tra presentazioni, prove di inglese e piccole attenzioni, mentre il gruppo dei partecipanti si forma e si conforma a un’idea di famiglia che cresce di pausa caffè in pausa caffè e impara ogni giorno di più a rispettarsi, ascoltarsi e volersi bene. Quando i nomi diventano familiari e i visi parte di una quotidianità che sembra non essere mai stata diversa, il cuore si adagia e la mente si mette in moto e lo conduce verso una reale e sentita condivisione delle idee. Ognuno si espone e si esprime, regalando un pezzetto di sé a chi ascolta, mettendosi in discussione e mettendo da parte l’orgoglio e la sicurezza della ragione per lasciare spazio alla bellezza dell’incertezza e alla possibilità dell’errore. Abbandonata la presunzione della verità, non resta che ascoltare e, attraverso il filtro dello spirito critico, lasciarsi cambiare dalle parole e dalle idee di chi quelle parole e quelle idee le ha scelte in mezzo a mille altre per interpretare il proprio mondo e dare una voce, anche incerta, al proprio modo di sentire.
La libertà è essere ascoltati, potersi confrontare e cambiare idea, ed esporre la propria senza paura che a un passo falso della mente corrisponda una punizione per il cuore, ma con la consapevolezza che una e l’altro debbano potersi esprimere liberamente e lasciarsi indietro la paura del giudizio e dell’errore.
Ancora non sanno delle avventure che le aspettano, dei fili rossi che intrecciandosi collegano quel mattino ai mattini che seguiranno, delle persone che silenziosamente entreranno a far parte delle loro vite per restare, occupando un pezzettino di cuore e lasciando una traccia luminosa nella memoria di quel viaggio. Qualche ora dopo i compagni di viaggio sono diventati sei e le ore che li separano dalla loro meta diminuiscono sempre più: il tempo si dilata e poi si restringe e li lascia curiosi e impazienti di scoprire la città che per dieci giorni sarà la loro casa e che impareranno a conoscere e a capire. Atene è bianca, pallida nella luce di un tramonto che si sparge sulle case e sugli edifici abbandonati, così grande e strana da perdersi e ritrovarsi davanti a un bicchiere di ούζο, a conoscersi e riconoscersi e a immaginare sorrisi, abbracci e momenti dai contorni ancora sfumati.
L’indomani, l’arrivo all’hotel è rumoroso e colorato: tra una sigaretta e un caffè la mattinata scorre veloce e se sono diversi i colori delle mani che si stringono e degli occhi che si studiano, si assomigliano tutti i sorrisi ancora timidi e curiosi. I primi giorni scorrono tranquilli, tra presentazioni, prove di inglese e piccole attenzioni, mentre il gruppo dei partecipanti si forma e si conforma a un’idea di famiglia che cresce di pausa caffè in pausa caffè e impara ogni giorno di più a rispettarsi, ascoltarsi e volersi bene. Quando i nomi diventano familiari e i visi parte di una quotidianità che sembra non essere mai stata diversa, il cuore si adagia e la mente si mette in moto e lo conduce verso una reale e sentita condivisione delle idee. Ognuno si espone e si esprime, regalando un pezzetto di sé a chi ascolta, mettendosi in discussione e mettendo da parte l’orgoglio e la sicurezza della ragione per lasciare spazio alla bellezza dell’incertezza e alla possibilità dell’errore. Abbandonata la presunzione della verità, non resta che ascoltare e, attraverso il filtro dello spirito critico, lasciarsi cambiare dalle parole e dalle idee di chi quelle parole e quelle idee le ha scelte in mezzo a mille altre per interpretare il proprio mondo e dare una voce, anche incerta, al proprio modo di sentire.
La libertà è essere ascoltati, potersi confrontare e cambiare idea, ed esporre la propria senza paura che a un passo falso della mente corrisponda una punizione per il cuore, ma con la consapevolezza che una e l’altro debbano potersi esprimere liberamente e lasciarsi indietro la paura del giudizio e dell’errore.
I giorni passano e passano e il tempo sembra essersi fermato in quel preciso spazio e in quel preciso ticchettare di orologio: il grigio della quotidianità è lontano e lascia spazio al blu del cielo di un terrazzo che è solo loro e che non è mai stato così casa come in quel momento. Ma il tempo non è un gentiluomo e scorre veloce lasciando le ragazze e i loro compagni di viaggio un po’ più stanchi, un po’ più felici, un po’ più amici.
Il decimo giorno arriva in un attimo ed è tempo di dirsi addio, di lasciarsi indietro tutto il bene dato e ricevuto e di ritornare a casa. Le due ragazze che alla stazione di Bologna si guardavano intorno sperdute alla ricerca di un viso familiare attraversano altre strade e altre stazioni, e tornano a casa con una consapevolezza nuova, gli occhiali da sole e il sorriso stanco, in valigia un cuore più leggero e un dolce ricordo di ognuno dei viaggiatori che con loro hanno condiviso una parte di cammino, regalandogli un pezzetto di cuore e rendendo questo viaggio indimenticabile. καλό ταξίδι!